Alle mie figlie Anna e Silvia
Questo libro è stato scritto perché i giovani possano
conoscere l'appassionata azione svolta per la Venezia Giulia e per
Trieste dai politici e dai diplomatici italiani dopo la seconda
guerra mondiale. Esso è stato anche scritto perché
gli italiani e gli slavi che vivono nella regione comprendano, attraverso
la conoscenza di una tormentata epoca, quanto la loro concordia
giovi a due nazioni che la storia ha collocato perpetuamente vicine.
_______________________________________________________________________________________
Presentazione dell'Editore
Nota dell'Autore
Avvertenza dell'Autore (al secondo volume)
Autocritica e Addenda
Indici dell'opera
Bibliografia
Avvertenza dell'Autore al primo volume
Nella pagina precedente è scritto il perché
di questa mia fatica durata parecchi anni e che ritenevo doverosa.
Sono, infatti, il depositario di numerose notizie documentate che
ben pochi possiedono ed ho una esperienza personale che, ovviamente,
nessuno può possedere, anche se, dei non molti superstiti
tra coloro che agirono nell'immediato periodo postbellico, qualcuno
ne possa avere una ben più vasta della mia.
I nomi delle personalità che, in connessione al problema
di Trieste, passeranno, con certezza, alla storia politica, sono
quelli di De Gasperi, di Pella, di Scelba, di Sforza e di Andreotti;
i primi tre sono stati i Presidenti del Consiglio allora in carica.
Il nome di Carlo Sforza passerà come quello del grande Ministro
degli esteri. Andreotti era Sottosegretario alla presidenza e si
occupava, in particolare, di Trieste in quel lontano tempo. Ma penso
che abbiano il diritto di essere ricordate anche altre personalità
politiche che, sia pure per i periodi brevi, dovettero interessarsi
del più spinoso problema del dopoguerra: Bonomi, Parri, Taviani,
Piccioni, Fanfani, G. Martino e vari altri uomini politici il cui
nome è richiamato nel libro.
Ritengo, però, che pure l'opera condotta dagli alti funzionari
diplomatici del Ministero degli esteri vada messa nella dovuta luce.
Mi riferisco a quanto fecero Zoppi. Brosio, Quaroni, Tarchiani,
Del Balzo, Guidotti, Casardi, di Carrocio, Theodoli, Luciolli, Prunas,
Vanni d'Archirafi, Guastone Belcredi, Giusti del Giardino, Lanza,
Fracassi, Bacchetti, Ducci, Lupi di Soragna, Carandini, Gallarati
Scotti, E. Martino, Di Stefano, Gaja, Casilli d'Aragona, Castellani
e molti altri qui frequentemente citati.
Per quanto si riferisce agli esponenti locali, rimarranno nel ricordo
dei posteri i nomi del Vescovo Santin, del Sindaco Bartoli, del
Prefetto Palutan; ma ritengo che non debba essere dimenticata l'azione
di Carlo Schiffrer, di Redento Romano, di Bruno Forti, di Antonio
Fonda Savio, di Vittorio Vidali, di Antonio Cosulich, di Rinaldo
Fragiacomo, di don Edoardo Marzari, di Lucio Lonza, di Giorgio Cesare
e di tantissimi altri, qui ricordati come protagonisti o attori
di ruolo minore, che hanno appassionatamente operato per quella
che, in perfetta onestà morale anche se con interpretazioni
diverse, giudicavano una equa soluzione del problema di Trieste.
Il tessuto del mio lungo racconto, è impostato sulle dimensioni
dell'azione umana, individuale e collettiva, sull'uomo e non sulla
carica da lui coperta, ed è continuamente ricamato con i
nomi dei queste persone, che ho tutte conosciuto, attraverso rapporti
che andarono dal superficiale incontro alla più fraterna
amicizia con alcune di esse.
Poiché sono stato uno studioso del problema giuliano, ma
anche una persona che ha agito ed operato in esso, questo studio
viene a costituire uno strano miscuglio di poca storia politica
con una lunga, minuta, dettagliata - talvolta noiosa - storia diplomatica,
mentre, nell'impatto, di tanto in tanto, affiorano le bolle di ricordi
personali, che vanno alle impressioni di un ragazzo di fronte a
qualche fatto storico locale, al racconto dell'attività di
quel ragazzo, divenuto uomo maturo e investito di una discreta responsabilità.
A questo proposito, mi scuso con il lettore per aver dovuto parlare,
qualche volta, in prima persona. Mi si perdono anche lo stile elementare
e quasi sciatto che va a scapito dell'eleganza, ma a vantaggio dell'intelligibilità
e costituisce una reazione, cosciente ed incosciente ad un tempo,
al vezzo moderno di usare nebulosi paroloni per soffondere di luce
misteriosa modestissime realtà.
Il presente studio sul problema di Trieste fu cominciato partendo
dal presupposto che costituisse la continuazione del libro che pubblicai
nel maggio 1952. Infatti, il secondo volume di questa mia pluriennale
fatica ne costituisce, in certo senso, la prosecuzione. Poi, alcuni
amici, ch'erano illustri storici, mi indussero a scrivere l'introduzione,
che tentai di impostare nella forma di una visione della storia
regionale, sotto il profilo etnico-politico ed anche, talvolta,
demografico ed economico. Se si tolgono alcune osservazioni personali
e qualche documento inedito, l'introduzione stessa costituisce un
lavoro di compilazione, talvolta, però, non facile. Il secondo
volume dell'opera, cioè quello che continua, appunto, il
libro del 1952 è basato su documenti di prima mano, da me
raccolti in tutto il periodo considerato ed in particolare in quello
nel quale fui rappresentante diplomatico dell'Italia presso il Governo
Militare Alleato di Trieste, durante gli anni 1952-1954.
Mi fu consigliato di scrivere la seconda parte per non lasciare
inutilizzato il materiale che, con l'autorizzazione di Alcide De
Gasperi, avevo raccolto per il volume del 1952 e che non avevo usato,
allora, in modo completo, data la delicata situazione in cui si
trovava il problema di Trieste, in quel momento. Il lettore, troverà,
in essa, i retroscena politici e diplomatici di quegli avvenimenti
che sono sufficientemente illustrati, nel loro lato appariscente
ed esterno, nella prima parte introduttiva di quest'opera. Egli
troverà, inoltre, le citazioni di una massa grandissima di
materiale che potrà servire ai meno vecchi di me, per approfondire
varie questioni con maggior dettaglio.
L'esame di parecchie migliaia di documenti e di fatti mi ha convinto
che la verità storica non esiste, se la si vuole esprimere
in forma di valutazioni e di giudizi. Esiste la verità dei
fatti storici e questa, nelle pagine che seguono, è rispettata
nel modo più onesto, rigoroso e scrupoloso possibile. Ma
anch'io mi sono permesso di dare valutazioni, di formulare giudizi,
di sostenere qualche tesi, ad esempio quella che sarebbe stato preferibile,
alle altre soluzioni, un accordo diretto tra l'Italia e la Jugoslavia.
Altre volte ho espresso le mie opinioni sui "miti" e sugli
"stereotipi" che hanno sempre aleggiato nella strana e
molto speso romantica atmosfera del problema triestino.
Il lettore non pensi, leggendo quei giudizi, ch'io sia diventato
o filoslavo o filoalleato o filoindipendentista o austriacante o
il viceversa di tutto questo. Ho solo tentato, con difficoltà,
di spogliarmi da quella passione per il nostro problema, della quale
tutti i giuliani furono, sono e saranno permeati per sempre.
Il lettore può aver avuto e continuar ad avere diametralmente
opposte alle mie; ma i fatti non li può discutere, perché
sono veri e fedelmente riportati. Non intendo convincerlo sulle
mie idee. Egli ricordi che io sono un italiano e, per di più,
un istriano, vissuto e lungo, nella sua giovinezza, a Trieste. L'influsso
di queste origini non può essere totalmente eliminato e si
riflette sull'ottica di chi ha "vissuto" le pene delle
nostre genti ed ha anche compianto gli slavi durante il periodo
fascista. Tuttavia oso sperare di esser stato obbiettivo.
Questa è una ricerca di storia diplomatica che vede il problema
di Trieste come lo vedevano allora gli italiani.
Quando un jugoslavo, un inglese, un americano, un francese, un russo
avranno pubblicato loro eventuali opere, scendendo nei dettagli
in cui sono sceso io, forse uno studioso del futuro potrà
accostarsi alla verità storica più e meglio di quanto
vi siamo riusciti io stesso e gli altri italiani e stranieri che
hanno scritto di Trieste.
Oserei affermare di conoscere la massima parte della letteratura
nazionale ed internazionale (nelle quattro lingue a me accessibili),
che esiste sul tema; ma non ne ho fatto troppo uso per non appesantire
uno studio che, per poter essere minuziosamente documentato, ha
già assunto una mole cospicua. Aggiungere notizie di pubblico
dominio, a quelle in parte ignote ch'esso contiene mi avrebbe costretto
ad appesantirlo ancora senza porre particolarmente l'accento sull'azione
politica e diplomatica italiana, ma porlo anche su quella altrui.
Congedo il risultato della mia fatica lunga e non lieve, anche se,
giunto alla conclusione, essa mi appare come un'opera che dovrei
riscrivere. Ringrazio la Casa editrice per il coraggio che ha avuto
nell'accettare il lavoro allo stato grezzo e per la pazienza dimostrata
verso di me.
Esprimo la mia più viva riconoscenza alle Autorità
del tempo il cui cominciai a sviluppare questa ricerca: il Presidente
on. Giulio Andreotti mi concesse di consultare il suo archivio privato
e di citarne i documenti; i Ministri degli esteri, on. Aldo Moro
- alla cui memoria rivolgo un commosso e deferente pensiero - e
sen. Giuseppe Medici, il Segretario generale amb. Roberto Gaia,
i capi del Servizio storico e di documentazione, prof. Valsecchi
e prof. Serra, mi permisero di utilizzare la ricca biblioteca della
Farnesina ed il materiale che può essere consultato, con
l'autorizzazione del Ministro; vogliano essi accettare l'espressione
della mia sincera gratitudine. Ringrazio il prof. Angelo Tamborra
e il dott. Livio Zeno per i loro preziosi consigli e per alcuni
documenti che mi hanno procurato. Ricordo infine, con animo riconoscente,
il prof. Mario Toscano, tanto prematuramente mancato, il quale,
desiderando vivamente che io conducessi questa ricerca, mi era stato
prodigo di suggerimenti e di informazioni.
Il lavoro è stato condotto con antico metodo artigianale:
non ho avuto collaboratori, né aiuto alcuno, se non quello
di mia moglie, che ringrazio per l'opera prestata nella raccolta
di molti documenti e, talvolta, nella funzione di segretaria. Ringrazio
pure la signorina Adelina Rimbaudi che ha battuto a macchina una
parte del manoscritto e mi ha aiutato nel disegno delle cartine
geografiche, nella correzione delle bozze, nella compilazione dell'indice
analitico e della bibliografia.
Un'ultima espressione di gratitudine è diretta al prof. Leo
Lazzarotto, valido correttore di bozze per conto della Casa editrice
e prezioso suggeritore di parecchi consigli.
Diego de Castro
|