Presentazione dell'Editore
Nota dell'Autore
Avvertenza dell'Autore (al primo volume)
Autocritica e Addenda
Indici dell'opera
Bibliografia

Avvertenza dell'Autore al secondo volume

Questo secondo volume tratta di argomenti che riguardano un periodo nel quale ebbi una posizione ufficiale nella questione di Trieste. Esso contiene, perciò, informazioni migliori di quelle riportate nel primo volume, sia in relazione al maggior numero di documenti che ebbi la possibilità di conoscere, leggere, vedere, riassumere, commentare, esaminare, criticare, ricopiare e annotare, sia perché riporta la mia diretta esperienza personale concernente alcuni eventi ai quali, per ragioni del mio ufficio di allora, ebbi l'obbligo o l'occasione di partecipare, in forma diretta o indiretta; mi riferisco ad esempio, alla cosiddetta proposta americana dell'aprile 1953, al tentativo di intese bilaterali italo-jugoslave del maggio, ai tumulti di Trieste nel novembre dello stesso anno ed ai vari altri avvenimenti di minore importanza.
Quella terza parte del libro, malgrado il minuzioso e pedante esame di quasi tutte le nostre mosse politiche e diplomatiche del periodo ch'essa descrive, non è, ovviamente, completa al cento per cento, nemmeno per quel che concerne la sola attività politica e diplomatica italiana. Non soltanto quanto ho raccontato dovrebbe essere integrato, perciò, da altri studiosi, con egual minuzia e pedanteria, per quanto si riferisce all'azione degli americani, degli inglesi, dei francesi, dei russi, degli jugoslavi, ma aggiunte ulteriori dovranno essere fatte anche nei riguardi della stessa documentazione italiana, che, come ho detto, non è totalmente completa, in quanto non comprende molta parte di quella in possesso dei vari archivi dei Dicasteri pubblici. La documentazione da me usata consta di quanto ho potuto raccogliere personalmente, dal 1944 in poi. Malgrado la sua ampiezza e la sua conseguente noiosità e prolissità, questa parte del libro non pretende di aver dato fondo a tutto lo scibile sulla dinamica del problema di Trieste in quegli anni; molto e molto lavoro rimane per chi avrà voglia di occuparsi di una questione che, nella seconda metà degli anni quaranta e nella prima metà degli anni cinquanta, aveva appassionato l'intero mondo. In singoli periodi, in certi mesi di singoli anni, la mia documentazione è, talvolta, carente e va integrata - ripeto ancora una volta - sia nei riguardi delle fonti italiane che soprattutto di quelle straniere. Essa è, ad esempio, carente per il periodo delle trattative jugo-anglo-americane a Londra nel febbraio-maggio 1954, per le quali occorrerà rivolgersi a fonti estere, perché l'Italia fu tenuta nella più perfetta ignoranza di quanto veniva combinato alle sue spalle, con gli jugoslavi, dagli inglesi e dagli americani, sia pure con molta loro buona volontà. Per certe altre carenze, ad esempio per una parte dei colloqui tra gli ambasciatori italiano e jugoslavo a Londra nel 1951, i documenti dovrebbero esistere, anche se non sono riuscito a vederli. Analogamente, dovrebbero essere reperibili le notizie relative a certe discussioni in Consiglio di sicurezza (i resoconto ufficiali sono pubblicati dall'ONU, ma mi riferisco all'attività diplomatica). E potrei proseguire con molti altri esempi, anche per invogliare i giovani studiosi - e vene sono parecchi e valorosi in Italia e nella stessa Trieste - a continuare quanto ho potuto illustrare con la mia modestissima capacità dovuta al fatto di aver "vissuto" quell'epoca, ma non di essere uno storico di professione. Spero possa non venire condannata la mia buona volontà di non lasciare morire nel nulla l'esperienza personale acquisita in quel periodo. Alcuni fatti devono ancora essere messi a fuoco, soprattutto molte teorie vanno formulate, generalizzate, schematizzate, ma mi permetterei di suggerire ai giovani di non creare "modelli" astratti che fanno comodo scientificamente per inquadrare i fatti, ma non corrispondono alla realtà vera come. Non raramente, del resto. Avviene anche nei campi ch'io, da studioso non dilettante, coltivo: quelli della statistica, della demografia e di altre materie affini. In tutto questo libro, ho cercato di evitare, il più possibile, le teorie e di attenermi ai nudi fatti, senza osare troppe generalizzazioni.
Dal primo volume, il lettore si sarà reso conto che, nel periodo della distruzione e della fine della Venezia Giulia e in quello della successiva immobilità della questione triestina, la nostra regione e la nostra città costituirono una pedina, da sacrificare o da non sacrificare, non per ragioni che la riguardassero, ma per interessi strategici nella grande partita a scacchi, della grande politica internazionale delle grandi Potenze, coinvolgente grandi interessi militari e mirante a creare grandi zone di grande influenza politica, che portasse con sé la grande influenza economica, la grande auri sacra fames di tutte le nazioni. Le nostre terre, il nostro mare, i nostri cimiteri, la nostra cultura, la nostra gente erano una cosa piccola, tanto piccola, piccolissima, minuscola nel gigantesco vortice degli immensi interessi. E non sapevamo di essere una quantité négligeable perché tutto il mondo faceva credere, falsamente, di interessarsi a noi, in quanto eravamo i protagonisti della tragedia e noi credevamo che si interessasse con sincerità, perché esistevano la Carta atlantica, lo Statuto dell'ONU, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, l'autodeterminazione dei popoli e tante altre belle e vuote promesse dateci a voce e per iscritto, in piena scienza e coscienza che non sarebbero state mantenute. Ed in questa terza parte del libro, non è che la scena muti, rispetto a quella descritta nelle altre due.
Il lettore si sarà, forse, chiesto a chi risalga la colpa della distruzione della Venezia Giulia, dell'esodo dei 300.000, della precaria situazione attuale di Trieste. Direi che risale a tutti ed a nessuno: a noi che entrammo in guerra; a quelli che ci inflissero, da ciechi, una pace punitiva; alla incomprensione ed alla sfiducia reciproca tra l'Italia e la Jugoslavia nel dopoguerra; ad infiniti fatti, eventi, circostanze ed avvenimenti che si potrebbero ricondurre all'azione del caso, cioè all'azione singola, concomitante od interferente con piccole cause o con grandi cause.
La persona apparentemente più responsabile della perdita dell'Istria occidentale fu il Maresciallo Alexander, che non entrò con le sue truppe in tutte le cittadine della costa, che avrebbe potuto occupare nel giugno 1945, centri urbani che, con perfetta coerenza, gli jugoslavi avevano già sgomberato. Ma si può facilmente rispondere che occupò Pola e tuttavia la perdemmo. La colpa va al nostro destino, all'essere un popolo situato al confine tra tre mondi: il latino, il germanico e lo slavo; all'essere un popolo intelligente che ha creato culture e ricchezze, richiamanti le brame altrui; all'essere un popolo che vive in un'area geografica preziosa per le nazioni, vecchie e nuove, che aspirano ad uno sbocco su quel mare che si infiltra nel cuore dell'Europa, l'Adriatico.
Ricordo al lettore, ancora una volta, che questo secondo volume fu scritto prima dell'altro che lo precede e lo prego, perciò, di scusare certi richiami e certe imperfezioni che producono l'effetto di rendere i due volumi imprescindibilmente unitari. Egli troverà. Nel primo volume, le carte geografiche e un riassunto abbastanza ampio della storia della Venezia Giulia, dalle origini al 1954.

Diego de Castro